Una giornata al mulino

Per chi ama il cibo a 360° come me, conoscere i luoghi da cui proviene regala alla pietanza cucinata o mangiata quella genuinità in più e la consapevolezza del grande lavoro che c’è dietro. Così è stato per me dopo aver visitato un mulino di Chiari (BS) gestito dalla famiglia Piantoni.

Per entrare nella materia è sicuramente utile seguire i vari passaggi che il frumento segue per la sua trasformazione in farina. Il primo step, il più importante, è l’accettazione del carico di grano la quale avviene tramite analisi in laboratorio del campione. Per quanto riguarda il prodotto in entrata, le prime analisi che subisce sono di tipo chimico-fisico dove vengono valutati, a livello visivo e olfattivo, la presenza di impurità, l’umidità, il quantitativo di ceneri e di glutine nonché il peso elettrolitico. Lo step successivo è il controllo di tipo reologico dove viene analizzato il prodotto in uscita, ovvero la farina nelle sue varie tipologie, dove si testano le sue potenzialità e tali dati poi serviranno per lo studio delle miscele adatte a comporre la farina finale a seconda delle richieste del cliente professionista o per l’utilizzo casalingo.

Nel controllo reologico della materia comprendono le seguenti analisi:

  • il falling number o indice di Hagberg, il quale permette la misurazione dell’attività delle amilasi (enzimi) e ciò indica la capacità di una farina di produrre zuccheri nell’impasto, importante per capire l’attività fermentativa con conseguente riverbero sulla consistenza della mollica e della crosta: un valore scarso (valori maggiori di 400 secondi) portano a lievitati poco voluminosi e mollica secca e compatta mentre valori elevati (valori inferiori a 200 secondi) i lievitati saranno piatti con mollica umida e crosta scura
  • la determinazione della qualità del grano e della farina attraverso l’alveografo di Chopin, strumento che registra la pressione del gas a cui viene sottoposto una campione di impasto gonfiandolo, ricavando quindi informazioni sulla tenacità dell’impasto e sulla sua estensibilità e anche il fattore di panificabilità W
  • la determinazione dell’assorbimento dell’acqua da parte della farina, del tempo di sviluppo per raggiungere la massima consistenza, della stabilità dell’impasto e della sua perdita di consistenza tramite il farinogramma di Brabender
  • la misura della resistenza dell’impasto sottoposto ad estensione dopo un periodo di riposo tramite l’estensografo, il quale da informazioni riguardo la pressione dell’anidride carbonica all’interno dell’impasto stesso durante la lievitazione.

Una volta che il carico di cereali viene accettato, questo subisce una primissima pulitura in modo da eliminare il grosso delle impurità nonché gli scarti vegetali o terriccio che è rimasto in fase di trebbiatura e successivamente la premiscelazione. Successivamente avvengono le due puliture dei chicchi e finalmente la macinazione per la produzione delle farine e sottoprodotti.
Un altro luogo importante del molino è la “cabina di comando” per la miscelazione, dove in base alle esigenze e necessità si combinano i vari tipi di farine al fine di creare il prodotto giusto per i risultati che si vogliono ottenere.

Una volta terminato l’interessantissimo tour per il molino è stato il momento di seguire i padroni di casa in cucina per la parte più divertente della giornata… la sperimentazione pratica delle farine!
Concludiamo quindi il racconto di questa giornata dimostrativa dando qualche notizia sulle farine che ho utilizzato e consigli di utilizzo.

Celtica è una farina di tipo 1, meno raffinata delle tipologie 0 e 00, che è stata sapientemente miscelata con farina di farro monococco Shebar, grano antico coltivato a Cigole, paese immerso nella pianura bresciana. Il grano farro monococco, tra le sue proprietà nutritive, presentano elevati contenuti in vitamine A ed E, un quantitativo di antiossidanti di circa 5 volte maggiori gli altri tipi di grano tenero, un elevato contenuto in minerali (tra cui zinco e ferro) ed un contenuto in proteine superiore. Discorrendo con la titolare riguardo le finalità di utilizzo, è emerso che i suoi clienti trovano Farina Celtica ideale per la produzione dolciaria, stessa sensazione che ho constatato anche io nelle mie sperimentazioni culinarie precedenti. Con Farina Celtica ho voluto preparare un pan di spagna dietetico eliminando le uova, da utilizzare in seguito per la creazione di mini porzioni di zuppetta dolce.

Serenissima invece è una farina di tipo 2 e possiamo considerarla una farina semi integrale di grano tenero italiano, prevalentemente della pianura bresciana e macinata a pietra. Tale scelta permette di ottenere un prodotto di elevata qualità mantenendo inalterate le caratteristiche organolettiche e nutrizionali. Farina Serenissima è adatta per tutti gli usi e ho pensato di utilizzarla per la preparazione di pasta fresca fatta in casa, anch’essa senza uova, puntando all’idea della realizzazione di primi piatti di benessere.

Farina per Pizza nasce dall’esperienza di Molino Piantoni a fianco di esperti pizzaioli per la preparazione di una miscela adatta alle specifiche esigenze dei professionisti, derivante dalla macinazione di grani che hanno mostrato una particolare elasticità delle loro proteine. Ho trovato interessante provare Farina per Pizza per la preparazione della torta fritta o gnocco fritto, impastando con lievito madre in modo da aumentare (ulteriormente) la digeribilità del prodotto finale… che abbiamo accompagnato con fette di culatello di Zibello, tanto per rimanere nel quadro della tipicità emiliana della portata preparata.

 

Credits immagini: Laura Gatta

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